Dopo un lungo confronto e con molto dispiacere, stamattina abbiamo dovuto accettare le dimissioni di mister Diego Armando Maradona junior e del suo staff. Gli riconosciamo, in questi due anni, una grande abnegazione e una grande professionalità, soprattutto in un momento difficile, sia dal punto di vista organizzativo che economico, come quello che stiamo affrontando in questo ultimo anno.
Dal primo all’ultimo giorno abbiamo conosciuto persone che rispettano profondamente il gioco del calcio, che amano il proprio lavoro al di là delle responsabilità che esso comporta.
Auguriamo a tutti il migliore prosieguo in questo mondo che sappiamo tutti difficile ma che avrebbe bisogno di più professionisti come loro.
In questo modo termina l’avventura al Napoli United di Diego Armando Maradona Junior, che si dimette dal ruolo di allenatore della prima squadra a due anni di distanza dal suo arrivo sulla panchina dei leoni. Maradona, però, da poco ha salutato attraverso i propri canali social, dando motivazioni del suo addio:
Dalle stelle alle stalle. Potrei riassumere così la mia esperienza al Napoli United. Una società che rispetto e amo da quando è nata, nell’ormai lontano 2009.
Le stelle, nello stomaco, di quella telefonata di giugno 2021 in cui il presidente Antonio Gargiulo mi chiedeva di diventare allenatore della prima squadra. Grazie, 10 volte grazie, per l’opportunità che mi ha dato. Il primo, un anno fantastico, tutto al proprio posto, tutti a spingere nella stessa direzione. Qualche sconfitta, tante vittorie. La cavalcata fino alla semifinale playoff, il traguardo più alto mai raggiunto dal Napoli United.
Poi le stalle. Il secondo anno, quello in cui ho resistito fino ad oggi. Quello degli stipendi non pagati a staff e calciatori. Quattro mesi, oltre 100 giorni senza percepire soldi. Ne ha risentito il lavoro, i rapporti personali. Ci sono ragazzi nella squadra che sono a migliaia di km da casa e il Napoli United li ha lasciati senza un centesimo per la spesa, senza cibo, in un caso anche senza acqua calda per diversi giorni. Non ho resistito, non sono più riuscito a restare fermo di fronte a tali ingiustizie. Fare integrazione, accoglienza e lasciare le persone senza cibo stona un po’.