L’Europa League conquistata sul campo e la caduta in D, il crack Parma

Immaginate di conquistarvi l’Europa sul campo con una super stagione. Immaginate di essere una delle società portanti degli anni ’90, di aver dato i natali alla carriera di Gianluigi Buffon, Fabio Cannavaro e Marcus Thuram. Prendete tutto questo e dimenticatelo, perchè questo è un racconto da brividi, di paura. Una delle stagioni peggiori di sempre nella storia della massima serie, una delle vicende societarie assai peggiori del calcio nostrano.  Tra proprietari fantomatici, petrodollari e cordate mai arrivate e il crollo nella Serie D, la Serie A dei Dilettanti. Stiamo parlando del Parma e di uno scorcio di storia dalle stelle alle stalle.

L’antitesi

Ultima giornata di Serie A 2013-14, il Parma batte il già retrocesso Livorno, doppietta del Brasiliano Amauri su assist di Cassano prima e Biabiany poi. Finisce la stagione e il Tardini trabocca per l’attesa Europea. Tutti sintonizzati a Fiorentina-Torino, dove il Torino ha il match point per l’Europa League al minuto 93. Cerci sguscia via a Roncaglia che lo stende e lo manda dal dischetto, se il romano realizza il Torino scappa in Europa League lascia il Parma in lacrime.

Il numero 11 calcia però di forza centrale e Antonio Rosati ci mette il guantone destro e al Tardini è festa grande. Qualche settimana più tardi il TAR però mette il segno rosso sulla stoica impresa dei Ducali, il Parma deve risolvere i suoi debiti pregressi e il tutto si chiude con l’esclusione dalle Coppe Europee. L’inizio della fine.

La stagione 

La notizia sconvolge Tommaso Ghirardi, omone che aveva riportato il calcio a Parma post Tanzi e il crack Parmalat. Non ci sono più presupposti per continuare e lascia la presidenza, lasciando il Parma nelle sue mani per 6 mesi in attesa di nuovi acquirenti. Il mercato è la perfetta conseguenza della decisione seppur sofferta di Ghirardi, arrivano solo tre parametri zero.

Ciccio Lodi dal Catania, esperto trequartista che incanta soprattutto da fermo. Con lui anche Ishak Belfodil, punta algerina scartato da Inter e Livorno e Paolo De Ceglie che finirà poi addirittura in Indonesia. La stagione non inizia affatto bene, perde il derby con il Cesena neopromosso e alla seconda giornata perde 4-5 contro il Milan.

Alla terza giornata il Parma perde l’estro e la corsa di Biabiany per una aritmia cardiaca e per il Parma la prima vittoria arriva alla decima giornata, battuto l’Inter con la doppietta di Paolo de Ceglie. Ad inizio dicembre il Parma crolla, 7-0 contro la Juventus è da li è la fine. Si susseguono i cambi di proprietà non proprio idilliaci.

Il 6 dicembre il presidente Ghirardi è sommerso dai debiti e annuncia di aver ceduto la società ad una cordata di imprenditori russo-ciprioti, che però resteranno prima di tutto incogniti nei nomi e per giunta non si presenteranno mai a Collecchio. Prima di Natale, Ghirardi in un motto di altruismo si muove per dare dignità alla società affidandola alla cura della Datraso Holding con a capo l’albanese Ermir Kadra.

Peccato che l’imprenditore si impettisca fin troppo è il Parma diventa il suo one-man show, presidente, direttore e gestore. I punti in classifica sono però 9, la peggiore compagine di tutt’Europa e l’umore è tutt’altro che positivo. L’Albanese però prova a scuotere i suoi, arrivano Nocerino, Lila, Varela e Rodriguez che però arrivano senza aver chiesto lumi al mister Roberto Donadoni che li lascia marcire in panchina.

Certo, il Parma era in crisi nerissima e quelli non erano altro che i giocatori che il mercato offriva in quel momento. Ma quello che lasciava maggiormente l’amaro in bocca è stata la totale mancanza di attaccamento alla maglia da parte dei calciatori, uno su tutti: Antonio Cassano. Col suo proverbiale tempismo, Fantantonio mette in mora il club, reclamando i pagamenti non versati entro 23 giorni.

La società naturalmente ha ben altri problemi e decide di liberarsi del talento barese rescindendogli il contratto. Passa qualche giorno e succede lo stesso anche con Lodi. Chi invece prova a far incassare qualche milione grazie alla propria cessione è Gabriel Paletta che lascia i ducali dopo quattro stagioni in maglia gialloblù e si accasa al Milan. Senza soldi e senza i suoi giocatori migliori, il mercato di gennaio riserva una grande umiliazione al Parma. Nicola Pozzi si trasferisce infatti al Chievo in prestito con diritto di riscatto fissato a 1000€, esatto mille euro.

Manene

Pensate che il fondo sia stato toccato? Poveri illusi. A inizio febbraio gli albanesi vendono per la terza volta nel giro di un mese il club. Stavolta è il turno del Mapi Group che acquista il Parma per la cifra simbolica di 1€, accollandosi però tutti i debiti. Il suo amministratore delegato, nonché nuovo presidente è Giampiero Manenti.

Alla mezzanotte del 16 febbraio 2015, termine ultimo per versare gli stipendi, nessun bonifico viene effettuato. La mattina stessa alcuni ufficiali di Equitalia si presentano al centro sportivo di Collecchio pignorando ogni bene intestato al club: dai furgoni al pullman della squadra passando per i trofei, compresa la Coppa UEFA conquistata nel 1999. Nel frattempo la FIGC sanziona il Parma con 5 punti di penalizzazione sancendone di fatto la retrocessione.

Il 18 febbraio Manenti indice una conferenza stampa, all’interno della quale ostenta un sorrisetto spavaldo e un atteggiamento da spaccone. I giornalisti lo incalzano con le domande, chiedendo più chiarezza circa i suoi affari, e il presidente gialloblù risponde con superbia e arroganza, asserendo che: “I soldi ci sono e stanno arrivando”. Oggi, li stiamo ancora aspettando.

All’interno di una storia così drammatica, bisogna però evidenziare i momenti di solidarietà. Massimo Ferrero si offre infatti di pagare di tasca sua viaggio e pernottamento per permettere alla Primavera ducale di giocare in Liguria. Il presidente della Samp esorta inoltre gli altri club a sostenere economicamente il Parma e la richiesta viene accolta dall’Inter che mette a disposizione alcuni pullman per le trasferte delle giovanili.

Il centro sportivo diventa però inutilizzabile, il personale è ridotto all’osso, manca l’attrezzatura idonea per gli allenamenti e non c’è manco l’acqua calda negli spogliatoi. In segno di protesta, i giocatori decidono di non scendere in campo nella trasferta contro il Genoa. Quando la Lega mette a disposizione un fondo da 5 milioni di euro creatosi dalle multe comminate dal giudice sportivo, i ducali accettano finalmente di tornare a giocare.

La sofferenza per il club è ufficialmente finita: il giorno seguente il Tribunale sancisce infatti il fallimento del Parma. Molti in città si augurano che qualche imprenditore di buon cuore possa rilevare il titolo sportivo, ma alle prime quattro aste fallimentari non si presenta nessuno.

Il 22 giugno, il giudice dichiara decaduto l’esercizio provvisorio del Parma, estromettendo la società dal calcio professionistico italiano e risolvendo i contratti di ogni suo tesserato, giocatori compresi. Dopo aver toccato il fondo, i ducali possono però rialzarsi.

Il 27 luglio 2015 una cordata di imprenditori locali, sostenuta da una forma di azionariato popolare, rifonda il Parma e lo iscrive alla Serie D. La risalita ha subito inizio, dalla D alla A in tre stagioni salvo poi ritrovare la B dove tutt’oggi naviga.